Intervista di Viviana Mazza
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Come si spiega il calo nelle vaccinazioni negli Stati Uniti, da 3 milioni a 2,2 milioni di iniezioni al giorno?
«La ragione non è una sola ma mi sento di dire che c’è ancora una fascia di popolazione che sottovaluta moltissimo questa emergenza sanitaria e che rifiuta la vaccinazione o non ne vede il beneficio — dice la virologa Ilaria Capua al telefono da Gainesville, in Florida —. E questo perché ci sono tutta una serie di leader che hanno un punto di vista diverso da quello scientifico sulla gestione dell’epidemia».
C’è lo scetticismo degli elettori repubblicani. Ma anche gli afroamericani hanno ricevuto quote inferiori di vaccinazioni rispetto alle loro quote di casi e al loro tasso percentuale nella popolazione. Ciò è dovuto alla sfiducia verso il settore sanitario, motivata da abusi passati? O è anche un problema di accesso?
«Sinceramente non lo so. Non mi sento di dire che lo scetticismo sia un problema che riguarda specificatamente gli afroamericani; è chiaro che le pandemie sono eventi trasformazionali che fanno emergere delle fragilità dei sistemi: una delle indubbie fragilità negli Stati Uniti è il divario che c’è sull’assistenza medica e l’approccio alla salute tra le varie etnie. Non si può dar la colpa a chi è in posti remoti o svantaggiato. La campagna vaccinale è andata benissimo finché è stata condotta tra la popolazione consapevole che ha fatto di tutto per vaccinarsi. Adesso bisogna lavorare sugli scettici. Alcuni Stati, tra cui la Florida, hanno sollevato le restrizioni: qui metà della popolazione segue quello che io chiamerei non tanto negazionismo ma “sottovalutismo”. Quindi, molte voci della Sanità pubblica americana si stanno attivando per recuperare questa fascia di popolazione, che in questo momento può fare la differenza».
Molti esperti ora pensano che, data la contagiosità delle varianti e il calo nelle vaccinazioni, non si arriverà all’immunità di gregge nel futuro prossimo e forse mai.
«L’immunità di gregge ha bisogno di tempo per svilupparsi, con la vaccinazione si accelera. Certo che, se una fetta significativa della popolazione non si vaccina e sono in atto misure di restrizione (che fanno circolare il virus meno, ma impediscono anche che si sviluppino anticorpi), l’immunità di gregge arriverà più tardi. A questa pandemia abbiamo risposto con la vaccinazione in maniera estremamente efficace: non era scontato che in un anno avessimo vaccini che funzionano. Ma solo con la scienza e senza la politica e grazie alla comunicazione spesso ambigua sarà difficile raggiungere l’immunità di gregge nei tempi sperati. Lo scetticismo ci sta facendo pagare un prezzo. C’è anche un altro fenomeno sempre più preoccupante: alcuni non vanno a fare la seconda dose. Ma la cosa importante è che, comunque, proteggendo le persone vulnerabili la situazione prende tutta un’altra piega, perché non si ha l’alta concentrazione di ammalati che hanno bisogno di assistenza ospedaliera. Il fatto che l’immunità di gregge non si raggiungerà entro la fine di quest’anno o del prossimo non vuol dire che non sconfiggeremo il virus. Vuol dire che intanto lo stiamo sconfiggendo grazie alla pstili di vita diversi. Forse la raggiungeremo con tempi più lunghi. Poi bisogna anche vedere quanto dura l’immunità: se dura 6-8 mesi sarà più difficile arrivare all’immunità di gregge».
Molti credono che il Covid potrebbe diventare stagionale e bisognerà continuare a vaccinare i più fragili.
«Cominciamo a pensare alla campagna d’autunno: quando si vaccina per l’influenza, facciamolo anche per il Covid, puntando all’80% dei vaccinati per entrambi. Non sappiamo a settembre che livello di immunità avranno gli anziani che sono stati vaccinati a gennaio. Mentre raccogliamo informazioni e studiamo la malattia, la cosa migliore è quella di proteggerci». Vaccinare ragazzi e bambini può essere la chiave per compensare lo scetticismo di parte degli adulti? «Mia figlia di 16 anni ha fatto la seconda dose e io sono assolutamente favorevole alla vaccinazione dei ragazzi, perché i ragazzi non immuni possono portare il virus a casa del nonno no-vax o di chi sta combattendo già contro un tumore maligno».