Intervista di Viviana Daloiso
Osservato attraverso un vetrino, come i tanti virus trasmissibili dagli animali all’uomo che esistono e sono esistiti nel corso della storia, il Covid non fa paura. Almeno non a Ilaria Capua, tra le ricercatrici italiane più famose al mondo, a capo del Centro di Eccellenza One Health dell’Università della Florida.
Quando ha deciso di diventare una scienziata?
Da piccola sono sempre stata attratta dalla scienza. È una materia piena di novità, di cose curiose. In particolare mi appassionavano i fenomeni naturali, la biologia, gli esperimenti che si facevano a scuola. Crescendo mi sono concentrata su queste materie finché una volta diplomata ho scelto di iscrivermi a Veterinaria.
E papà e mamma erano d’accordo?
Mio padre decisamente no.Voleva che diventassi avvocato, come lui. Era anche giudice internazionale di gare di cani di caccia, una passione che aveva coltivato per tutta la vita. La scelta di Veterinaria la presi proprio per provare a trovare un compromesso con lui: inizialmente si accontentò, pensando che una volta laureata tornassi a Roma e aprissi uno studio tutto mio. Ma io non ero affatto interessata a occuparmi di clinica, non volevo curare mucche, cavalli e tanto meno cani.
Cosa accadde poi?
Affrontai un percorso molto difficile per quei tempi – erano gli anni Ottanta –, soprattutto per una donna:Veterinaria prevedeva 50 esami in 5 anni. Nella mia sessione di laurea, tanto per fare un esempio, arrivammo in 7 su 250 di partenza.Al termine degli studi andai a lavorare nel Laboratorio di zooprofilattica di Perugia, poi passai a Teramo, infine di nuovo a Perugia.
Fare la ricercatrice è un lavoro divertente?
Direi appassionante. C’è una specie di magia, dentro, che fa girare tutte le cose: bisogna ingegnarsi per trovare attrezzature giuste, soluzioni sempre nuove, soldi per proseguire. La cosa più bella è che si lavora in squadra con altri ricercatori, tutti uniti nel desiderio di fare qualcosa per il bene dell’umanità, per l’avanzamento del progresso.
Che studi occorre fare?
Oggi esistono tanti percorsi che possono portare al mondo della ricerca: in una équipe servono scienziati, matematici, biologi ma anche filosofi e storici. Il mio consiglio è seguire la propria passione: la strada poi si trova.