Intervista di Massimo Sideri
Il mio amico Eligio ha compiuto da pochissimo 93 anni. E si è fatto sei pandemie».
Sei?
«Ha preso la coda dell’influenza spagno- la, ha passato l’asiatica, l’influenza di Hong Kong, la russa, la suina e il Covid- 19».
Le ha prese tutte e sei secondo lei?
«Di sicuro si è fatto sei virus. Magari non nella prima ondata di attacco, ma li ha pre- si tutti e sei perché è così che funziona».
Ora la domanda è questa: ma i nostri figli, i ragazzi, le persone più giovani dovranno prepararsi a vivere in un mondo come quello di Eligio?
«Sì. È per questo che ai ragazzi dico: imparate a conoscere i virus, per non temerli bisogna studiarli. I virus ci parlano e ci dicono: noi ci siamo da sempre. Lo sapeva che in questo momento c’è un nuovo foco- laio di Ebola in Congo?».
Lei è Ilaria Capua, la scienziata che dirige lo One Health Center of Excellence presso la University of Florida e che gli italiani hanno imparato ad apprezzare, anche se forse non tutti ricordano il suo percorso: in questi giorni la Russia ha detto di avere isolato il virus H5N8 in sette pazienti. Si tratta dell’ottava variante dell’influenza aviaria. Esattamente il 3 marzo di 15 anni fa la rivista «Science» riportava il suo «rivoluzionario» rifiuto di mettere la se- quenza dell’influenza aviaria H5N1, isola- to in un campione umano proveniente dalla Nigeria dal gruppo guidato da lei presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, in un database accessibile a pochi. «Preferii metterlo a disposizione di tutti su una banca dati aperta, GenBank». Oggi è una procedura diffusa: si chiama Open science. Per inciso, in Italia la giustizia ha pensato di istruire un processo sul «traffico» di virus poi finito nel nulla, un’altra prova dell’anti-scienza (anche se nulla non è un modo di dire adeguato visto ciò che ha subito la Capua e il nostro Paese quando lei si è trasferita in Florida).