Succede anche in molti altri casi, ma di certo succede quando parliamo di salute. La salute è un bene che si apprezza quando non c’è.
Vuol dire che quando stai male davvero, capita che non riesci a fare una cosa che tutto sommato noi diamo sempre per scontata. Respirare, per esempio. È brutto avere l’affanno e solo in quel momento ti rendi conto che di solito — ovvero quando non ci pensi — stai dando per scontata una delle cose più necessarie e vitali. Respirare. Quindi quando fai la vita di tutti i giorni e stai bene (o abbastanza bene) non sei consapevole che proprio quello star bene è il risultato di infiniti processi che funzionano (abbastanza) in armonia. Ma adesso siamo spaventati, non sappiamo bene cosa fare, come giudicare i provvedimenti restrittivi rispetto ad atteggiamenti meno restrittivi. In fondo in fondo, stringi stringi, prima che il pensiero si trasformi in azione si passa per la strettoia: ma io questo lo faccio o non lo faccio?
Per cercare di garantire che quei milioni di processi di cui sopra rimangano armonici e ci permettano di stare bene al punto tale da fare tutto quello che facevamo prima. Bisogna che ognuno di noi si faccia un bell’esame di coscienza e valuti come può comportarsi per ridurre il contagio a se stesso e agli altri, contribuendo ancora ad appiattire la curva.
Di cosa c’è bisogno? Di consapevolezza. Di consapevolezza su come ognuno può contribuire a rallentare il contagio e a proteggere le porzioni della popolazione più a rischio di sviluppare la forma grave. E di una nuova mappa mentale per orientarsi nella propria vita, nei propri percorsi di ogni giorno. Ognuno di noi deve immaginare quali sono i comportamenti da evitare a partire dal rimanere a casa se non ci si sente tanto bene (e qui mi riferisco soprattutto ai tanti pendolari giornalieri e settimanali) al non promuovere e allo scoraggiare raggruppamenti di persone che possono passarsi l’infezione in maniera efficace. Insomma, muoversi un po’ di meno, muoversi in maniera intelligente. Essendo consapevoli che Covid-19 può essere completamente asintomatico anche in noi stessi e che quindi possiamo essere anello di congiunzione fra mondi paralleli come le case di riposo.
La vera sfida sarà di essere capaci di riorganizzare la nostra vita intorno a delle nuove priorità che il Covid ci ha rivelato. Io credo che la priorità sia di tenere le persone fuori dalle terapie intensive, e sappiamo benissimo chi ha più probabilità di cadere perché i fattori di rischio sono noti: incremento della letalità con l’età e in concomitanza di altre patologie o disfunzioni. Di certo dovremo continuare a lavarci le mani e a stringercele un po’ di meno. Si può proteggere la salute pubblica e salutare lo stesso in modi diversi: ad esempio con il sorriso. Perché siamo liberi.