Peste suina, il vaccino non c’è: senza un lockdown degli animali si rischia lo stop all’export

23 Maggio 2022
Intervista di Massimo Sideri

Professoressa Ilaria Capua, dieci anni fa lei ha scritto i «Virus non aspettano». Qui sembra che i virus, oltre a non aspettare, non dormano mai: il vaiolo delle scimmie è sotto osservazione in Europa, mentre la peste suina è già arrivata in Italia e non solo nei cinghiali che si aggirano tra i cassonetti a Roma. Lei ne scriveva già nel 2018. Stiamo di nuovo sbagliando da qualche parte?
«Non sono veggente, ma devo dire che l’emergenza legata alla peste suina è la cronaca di una epidemia annunciata. L’Italia non poteva pensare di rimanerne fuori: questo virus circola da diversi anni in Europa centrale, nelle repubbliche baltiche, in Polonia, Russia e Cina. E se vai a vedere i numeri in Cina, il maggior consumatore di carne suina al mondo, l’effetto è stato devastante. Se entrasse nella filiera del suino in Italia sarebbe un colpo durissimo».

Però è un virus che non mette a rischio la salute dell’essere umano…
«Il rischio è zero per l’essere umano. Non si trasmette all’uomo né per via diretta (contatto), né indiretta (con gli alimenti). È un virus molto selettivo. Una sorta di virus esigente, tutt’altro che di bocca buona: infetta esclusivamente i suini (maiali, cinghiali, facoceri) e nessun’altra specie. Ma proprio questa sua caratteristica è anche un grave problema».

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